In questo questo periodo di passi indietro per l’inclusività di ogni genere, Michelle Buteau è una ventata d’aria fresca e necessaria: comica, attrice, autrice, ma soprattutto donna autentica, Michelle non si limita a occupare lo schermo, lo trasforma e lo piega al suo linguaggio, al suo corpo, alla sua energia.
La sua serie Netflix Survival of the Thickest è molto più di una commedia brillante, è un manifesto visivo e narrativo di libertà, autoironia e stile personale vissuto senza compromessi. Ci insegna a ridere, a sbagliare, a ricominciare… ma anche a vestirci per piacerci davvero, non per rientrare in uno standard.
Survival of the Thickest: moda, corpo e identità
Mavis, il personaggio interpretato da Michelle, è un’aspirante stylist 38enne che si ritrova a dover ricostruire la propria vita (e immagine) dopo una rottura. Mentre si reinventa sul piano personale e professionale, non rinuncia mai a vestirsi come una vera protagonista, anche quando il mondo sembra suggerirle di ridursi a una comparsa.
Vestiti bold, tagli che accarezzano le forme senza comprimerle, mix & match di stampe, tessuti morbidi e colori vivi: Michelle non chiede il permesso di essere visibile, figuriamoci Mavis.
Il messaggio è chiaro: non è il corpo a doversi adattare alla moda, ma la moda a dover aprire spazi per tutti i corpi.

Gli elementi chiave del suo stile
Michelle Buteau dimostra che stile e comfort possono convivere. Anzi, devono! I suoi outfit, nella serie e nella vita, sono costruiti per esaltare la libertà di movimento e la gioia di espressione.
- Colori brillanti e stampe vistose: mai banali, mai usati per “nascondere”, ma per valorizzare.
- Wrap dress e abiti fluidi: sensuali ma pratici, femminili senza rigidità.
- Tute intere e pantaloni morbidi: per dire sì al corpo senza costringerlo.
- Kimono, trench leggeri, blazer destrutturati: layering intelligente, che costruisce senza aggiungere peso.
- Accessori grandi, decisi, pop: Michelle non si “limita” mai. Nemmeno nei dettagli.

Cosa ci insegna (davvero) Michelle Buteau
Michelle ci sbatte in faccia—con il sorriso—una verità scomoda: lo stile non è taglia unica, perché nessuna donna lo è.
In un mondo che ci spinge a dimagrire prima ancora che a vestirci, lei ci insegna che si può essere protagoniste di stile anche con una 48. Anzi, soprattutto con una 48, se sai chi sei.
Ci invita a:
- Smontare i diktat della moda
- Accettare la molteplicità dell’estetica femminile
- Riscoprire il piacere del vestirsi per se stesse
- Smetterla di chiedere il permesso di brillare
- Indossare ciò che ci piace, non ciò che la moda grassofobica dice che si dovrebbe indossare

I look più iconici della serie
Tre look, tre modi per dire che vestirsi non è mascherarsi, è riconoscersi.
- Abito a stampa floreale + trench leggero beige: un mix tra romanticismo urbano e comfort contemporaneo.
- Tuta color block con cintura in vita: zero compromessi tra praticità e statement visivo.
- Kimono nero su slip dress con maxi orecchini: sensualità raffinata che dice “sono qui, e sì, mi piaccio”.

Quando l’inclusività è solo una taglia cucita sopra
Nella puntata 2×07 Mavis esplode dopo aver scoperto che Charles Renée, stilista che si autodefinisce “inclusivo”, realizza in realtà capi in taglie standard a cui aggiunge in seguito etichette con numeri più alti, per farli sembrare plus size.
È una denuncia netta e potente a quella moda che si vanta di essere body positive solo sulla carta. L’inclusività non è un adesivo da incollare sopra un cartellino, né una strategia di marketing per massimizzare le vendite: é impegno, coerenza e realizzazione concreta di abiti che vestano davvero tutti i corpi.
Avevamo trattato questo tema anche in un altro articolo, puoi trovarlo qui.

Michelle, attraverso Mavis, punta il dito contro quel meccanismo che predica a molti ma continua a produrre per pochi. E lo fa con forza, ironia e stile, dimostrando che il limite non è il corpo ma lo è l’ipocrisia del sistema moda.
Afrostyle: quando lo stile è cultura, non solo estetica
Un altro aspetto potente del guardaroba di Mavis e, più in generale, della narrazione visiva costruita attorno a Michelle Buteau, è l’omaggio costante all’heritage afro e caraibico. Tessuti, colori, texture e accessori scelti non sono mai casuali, ma parlano di orgoglio, appartenenza e radici.
Dalle stampe wax alle trecce raccolte in turbanti, dagli orecchini in stile afro-boho ai riferimenti al soul e all’hip hop anni ’90, lo stile afro viene esaltato nella sua autenticità senza mai essere ridotto a trend o folklore estetico.

La moda, in Survival of the Thickest, non è solo bellezza: è soprattutto resistenza estetica, valorizzazione delle origini, un modo per dire: “la mia storia è anche questa, e si vede.”
Lo stile fuori dal set: Michelle oltre Mavis
Michelle non recita solo il suo stile, lo abita davvero. Le sue apparizioni sul red carpet e nei talk show confermano la coerenza tra ciò che indossa e ciò che comunica: forza, autoironia, profondità, leggerezza.
In ogni look c’è una dichiarazione: non mi rimpicciolirò mai per piacervi.

Se la moda serve a raccontare chi siamo, Michelle Buteau ce lo ricorda con ogni piega, ogni colore, ogni scelta. Survival of the Thickest non è solo una serie da guardare: è un invito a sopravvivere anche esteticamente, a far pace con il proprio corpo e a trasformare ogni outfit in una dichiarazione d’amore verso se stesse.
In un’epoca che ancora chiede alle donne di adattarsi, Michelle (e Mavis) ci insegnano che il vero stile personale è quello che non chiede scusa. Mai.
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